Una storia di clima, malattie e politica

Santorini

di Patrizio Nissirio

Mykonos, Santorini, Paros, Naxos: chiunque abbia messo piede anche solo virtualmente su una di queste isole ha ben presente la loro immagine che è diventata il simbolo dell’intera Grecia (anche se altrove gli edifici hanno colori molto diversi): case bianche come il latte, abbellite da porte e persiane di un blu intenso che ricorda il mare profondo e il cielo terso dell’Egeo. Ma qual è l’origine di questa estetica, che ammalia milioni di turisti e riempie i profili social degli influencer,? La risposta è sorprendente: si tratta di una combinazione di esigenze pratiche, sanitarie, economiche e, infine, politiche.


Una chiesa nelle Cicladi

Una soluzione al caldo estivo: la funzione pratica del bianco

All’inizio, le case delle isole Cicladi non erano bianche. Venivano costruite con i materiali disponibili sul posto, in prevalenza pietra vulcanica o calcarea, dai toni scuri. Il legno era raro, soprattutto su isole aride e rocciose come quelle dell’Egeo. Tuttavia, proprio il colore scuro delle pietre rappresentava un problema durante i mesi estivi, quando il sole colpiva intensamente gli edifici e rendeva gli interni roventi.

Fu così che, per necessità, gli abitanti cominciarono a imbiancare le loro case con calce. Questo materiale, facilmente reperibile e di basso costo, aveva la capacità di riflettere i raggi solari e di abbassare sensibilmente la temperatura interna. Con il tempo, l’uso del bianco divenne una prassi comune, tramandata di generazione in generazione, fino a diventare un elemento tipico del paesaggio cicladico.


Il bianco come disinfettante: la lotta al colera e le ordinanze sanitarie del 1938

Se la funzione del bianco era già apprezzata per il suo contributo al benessere abitativo, un evento storico ne rafforzò la diffusione: l’epidemia di colera che colpì la Grecia alla fine degli anni Trenta. Nel 1938, durante la dittatura di Ioannis Metaxas, il governo emanò un ordine nazionale che obbligava i cittadini a disinfettare e imbiancare le loro abitazioni.

All’epoca, la calce viva – il materiale usato per dipingere le case – era conosciuta anche per le sue proprietà antibatteriche. Si credeva che potesse contribuire a contenere la diffusione del colera e di altre malattie infettive. Le pareti vennero così imbiancate non solo per estetica o per il clima, ma per igiene pubblica. Questo intervento, forzato ma efficace, consolidò ulteriormente l’uniformità cromatica delle isole, che già si stava affermando spontaneamente.


Il blu del mare e delle barche: la tinta degli scarti

Ma come si spiega l’altra metà dell’accoppiata cromatica? Perché proprio il blu a decorare porte, finestre, persiane e cupole? Anche qui, la risposta affonda le radici nella vita quotidiana delle isole e non ha nulla a che vedere con chissà quale simbologia.

Molti abitanti delle Cicladi erano pescatori o marinai. Per verniciare i propri battelli, utilizzavano una pittura blu a base di “loulaki” – una sorta di talco blu, economico e facilmente reperibile. Quando avanzava della vernice dalle imbarcazioni, la si riutilizzava per tinteggiare gli infissi delle case. Il blu, insomma, era semplicemente il colore più accessibile e diffuso. Non a caso, su alcune isole si trovano ancora oggi persiane verdi, rosse o marroni: segno che non esisteva una vera regola, se non quella dettata dalla disponibilità.


Georgios Papadopulos, Stylianos Pattakos e Nicholas Makarezos, i capi della giunta militare greca

Il nazionalismo dei colonnelli: il bianco e blu diventa legge

L’estetica delle isole greche, tuttavia, non è rimasta solo una questione di praticità o gusto popolare. A partire dal 1967, anno del golpe militare in Grecia, la giunta dei colonnelli impose per legge l’adozione dei colori bianco e blu in molte aree del paese, in particolare nelle isole dell’Egeo.

Per il regime, quei colori rappresentavano la bandiera nazionale (com’è noto, bianca e blu), l’identità ellenica, la purezza della patria. Uniformare l’architettura divenne un modo per diffondere il senso di appartenenza e patriottismo. La legge venne confermata e rafforzata nel 1974, rendendo di fatto obbligatoria la colorazione bianco-blu delle abitazioni su molte isole.


I due colori come segno d’identità e richiamo turistico

Oggi quelle imposizioni non sono più in vigore. Le normative si sono allentate e, in teoria, nulla impedirebbe ai cittadini di scegliere colori diversi. Tuttavia, la combinazione di bianco e blu è ormai profondamente radicata nell’immaginario collettivo, sia dei greci che dei visitatori stranieri.

La bellezza armoniosa delle due tinte, si è trasformata in un potentissimo richiamo turistico. Le case bianche con porte blu fanno vendere cartoline, biglietti aerei, soggiorni in hotel e generano migliaia di fotografie sui social network. Molti residenti, dunque, continuano a dipingere le loro case secondo questa tradizione, più per attrattiva economica che per vincoli legali.

E così, mentre si passeggia tra i vicoli di Santorini o si scatta una foto tra le case arroccate di Mykonos, si può guardare oltre l’estetica e scoprire una storia fatta di necessità climatiche, epidemie, economia locale e politica autoritaria. Una storia che ha dato vita, quasi per caso, a uno dei paesaggi urbani più amati e riconoscibili del mondo.

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