
È uno degli interpreti più originali della scena musicale contemporanea: un musicista capace di riportare il laouto — uno strumento a corda simile al liuto, ma tipico della tradizione della Grecia — al centro del discorso musicale, non solo come strumento d’accompagnamento ma come voce solista, in dialogo con il jazz e con la musica del mondo.
Vasilis Kostas, originario dell’Epiro, è un compositore, docente e strumentista già nominato ai Grammy, e il suo percorso artistico intreccia tradizione, ricerca e libertà improvvisativa.
Dalle radici di famiglia al mondo

«Da quando riesco a ricordare me stesso, dai quattro anni in poi, la musica è sempre stata presente in casa», racconta Kostas. «Fin da bambino ascoltavo mio padre, mia madre, i miei nonni: danzavamo, suonavamo, vivevamo la musica. Non solo quella tradizionale, ma anche il jazz, la musica africana, mio padre ascoltava anche blues, e il jazz di Coltrane, Keith Jarrett, Allan Holdsworth. È grazie alla mia famiglia se ho imparato a vedere la musica come un linguaggio universale». Il laouto, spiega, è uno strumento con molti parenti nel Mediterraneo — dal liuto al saz turco fino all’oud arabo — ma la sua forma attuale è esclusivamente greca. «Forse per la sua natura — capace di accompagnare ma anche di proiettare un suono potente — è perfetto per la musica dell’Epiro e delle isole greche. Io cerco di valorizzarne la voce melodica, non solo il ruolo ritmico».
Tra tradizione e improvvisazione

La carriera di Kostas è segnata da un sodalizio artistico con il leggendario clarinettista Petroloukas Halkias, con cui ha registrato i due volumi di The Soul of Epirus. Il primo fu eletto miglior album del 2019 dal Balkan World Music Chart, e i due dischi sono stati presentati in luoghi simbolo come la Philharmonie de Paris e il Richmond Folk Festival.
«Petroloukas era un gigante, un innovatore — al pari, direi, di Wayne Shorter o Miles Davis. Pur suonando musica tradizionale, la sua improvvisazione era pura libertà. Essergli vicino mi ha insegnato cosa significa rischiare nella musica».
Un percorso, quello di Kostas, che trova un parallelo a Boston, dove ha studiato al Berklee College of Music sotto la guida di Danilo Pérez, John Patitucci, Joe Lovano e Terri Lyne Carrington. Con Pérez, nel gruppo Global Messengers, è arrivata anche la nomination ai Grammy. «Essere contemporaneamente accanto a Danilo Pérez e a Petroloukas Halkias mi ha permesso di vedere i ponti tra mondi che sembrano lontani: il linguaggio del jazz e quello delle musiche tradizionali non sono chiusi, basta conoscerli per poterli far dialogare», spiega.
Oltre i confini

Negli Stati Uniti, dove insegna The Music of Epirus all’Hellenic College Holy Cross di Boston, Kostas porta il suono del laouto in contesti spesso nuovi per il pubblico americano, poco avvezzo a musiche che vengono da oltre il proprio confine. In una delle sue performance disponibili sul suo sito vasiliskostasmusic.com, si esibisce al Nashville Parthenon, una bizzarra replica del monumento-simbolo della Grecia.
«Molti pensano che il laouto sia un oud, che è più conosciuto negli Usa, e restano sorpresi. La musica araba, inoltre, ha una storia più lunga negli Stati Uniti, non solo nell’ambito dell’esecuzione, ma anche in quello accademico: possiamo trovare molti corsi di musica araba in grandi università come Berklee, Tufts, Boston College e anche a New York. Ma alla fine non importa: il mio obiettivo è andare oltre lo strumento, fare buona musica, onesta, che comunichi qualcosa. E vedere il pubblico americano così partecipe, anche se non conosce la storia di questa musica, è la prova che il linguaggio della musica è davvero universale».
Un nuovo progetto e l’orizzonte italiano

Ad aprile uscirà il suo nuovo album, composto da dieci brani originali che fondono le sonorità dell’Epiro con quelle del Mediterraneo e del jazz contemporaneo. Seguirà un tour negli Stati Uniti e in Grecia. In parallelo, Kostas sta lavorando a un duo con l’artista della scuderia ECM Socratis Sinopoulos: «Lui suona la lira politikì lyra (uno strumento ad arco derivato dalla lira greco-bizantina medievale), io il laouto — due strumenti che dialogano, intrecciando timbri tradizionali e sonorità moderne. È un progetto che ci entusiasma entrambi».
Curiosamente, il musicista non ha ancora mai suonato in Italia, nonostante il legame culturale tra i due Paesi. «Ho studiato all’Umbria Jazz Clinics nel 2011 e sono rimasto colpito da quanto in Italia il pubblico ami il jazz e sostenga la musica. Mi piacerebbe moltissimo portare i miei progetti lì — credo che ci sia terreno fertile per un incontro musicale tra Grecia e Italia».